TALIA (OSSIA ALITALIA SENZA ALI)
Come era ampiamente prevedibile, la vicenda della compagnia
aerea Alitalia si sta concludendo nel peggiore dei modi:
con il fallimento.
Quando, in piena campagna elettorale, il Nano di Arcore
fece tutto il possibile perché non fosse venduta a Klm-Air
France, sostenendo di avere già pronta una cordata che
permettesse alla compagnia aerea di restare di proprietà
italiana, era chiaro a tutti che questo fantomatico gruppo
di imprenditori non esisteva, e si trattava semplicemente
di fumo buttato negli occhi dei cittadini elettori per
raggranellare voti.
All'epoca, il governo in carica - quello del Mortadella -
cedette alle pressioni del Nano con la bandana e rinunciò
alla vendita, temendo - come infatti è puntualmente
avvenuto - di perdere rovinosamente le elezioni.
"Passata la festa, gabbato lo santo", recita un antico
proverbio italiano: così il 19 aprile, il giorno dopo le
consultazioni politiche, la presunta cordata "già pronta"
svanì nel nulla, per poi riapparire miracolosamente qualche
tempo fa, quando Alitalia si trovava già sull'orlo del
fallimento.
Il 18 settembre si conclude la trattativa per la cessione
della "compagnia di bandiera" alla Compagnia aerea italiana
(Cai) - un gruppo di industriali capitanato da Roberto
Colaninno, padre del parlamentare del partito sedicente
democratico Matteo - ed i lavoratori giustamente respingono
la cosiddetta 'offerta' di quelli che essi
definiscono "pirati": "meglio disoccupati che in mano a
questi pirati", si poteva leggere in alcuni dei cartelli
innalzati dai lavoratori.
Sosteniamo la lotta dei lavoratori contro questa masnada di
pirati e la corte di politici prezzolati servi dei padroni.
Torino, 20 settembre 2008
Stefano Ghio - Torino