RAZZA PADRONA

 

Il processo Eternit ha vissuto, ieri mercoledì 22 aprile,

la sua terza udienza preliminare, naturalmente a porte

chiuse, per quanto sia difficilmente ipotizzabile - per un

processo che vede 736 richieste individuali di costituzione

di parte civile più 29 collettive - ipotizzare che nulla

trapeli all'esterno.

Ancora una volta i padroni assassini hanno mostrato il loro

vero volto: quello che non guarda in faccia a nessuno in

nome del profitto; infatti, la difesa ha avuto il coraggio

di eccepire l'incostituzionalità della presenza di tante

parti civili perché, a detta loro, in questo modo verrebbe

leso il principio, sancito dall'articolo 111 della

Costituzione borghese, secondo il quale i processi devono

essere veloci.

Ci domandiamo in base a quale criterio l'azienda svizzera

dell'amianto chieda un processo rapido, ma

contemporaneamente non acceda al rito abbreviato che

avrebbe consentito di ottimizzare i tempi.

Ci chiediamo se i due imputati credano di poter essere

assolti dall'accusa di "disastro colposo" nonostante sia

provata, fin dagli anni trenta del secolo scorso, la

pericolosità del materiale lavorato all'interno dello

stabilimento, lo stesso materiale che ha provocato il

decesso di quasi tremila persone negli anni e, a Casale

Monferrato (AL), continua a vedere la gente ammalarsi di

mesotelioma - al ritmo di una cinquantina di casi all'anno -

 nonostante la fabbrica sia chiusa da più di venticinque

anni.

Questi due signori - Stephan Ernest Schmidheiny e Jean

Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne - sono senza

dubbio degni membri di una stessa razza: quella padrona.

 

Torino, 23 aprile 2009

 

 

Stefano Ghio - Torino