ANCORA SUL REVISIONISMO
Aveva detto che si sarebbe ritirato dalla politica per
continuare a scriverne e discettare sulla sua rivista; in
realtà continua ad essere la voce che più conta tra i
sedicenti comunisti che ambiscono a posti nelle istituzioni.
"Liberazione", nell'edizione di giovedì 13
novembre, gli
concede ben due pagine interne, la 16 e la 17, più
l'articolo di spalla in prima, per continuare a perorare la
sua causa di distruzione totale dell'idea di una sinistra
in Italia, di qualunque estrazione essa sia.
Non a caso l'(in)Fausto - è lui il soggetto in questione -
si lancia, nelle sue "Quindici tesi per la
sinistra", nel
solito ritornello che sentiamo da mesi provenire dalle
parti della sua 'Rifondazione per la sinistra' e che dice:
dinanzi alla sconfitta storica della sinistra esistente, ed
in considerazione del fatto che il mondo in questi ultimi
tempi è molto cambiato, occorre ricominciare da zero per
creare una forza politica della sinistra senza aggettivi
che ripensi alla radice il modo di opporsi al capitalismo.
Abbiamo già più volte avuto modo di scrivere che la
parola "sinistra" diventa un vuoto vocabolo se non
le si
affianca un aggettivo qualificativo, ed in tal senso
pensiamo sia un grave errore quello dell'elegantone
milanese.
In questo contesto ci limiteremo a confutare quanto l'uomo
della evve moscia scrive nella sua tesi numero dieci: <il
movimento operaio del Novecento vive dal '17 agli anni '80
su ciò che è stato definita l'alleanza, o la fusione, tra
la classe operaia e una teoria, quella marxista-leninista.
Per averne conferma basti pensare soltanto al fatto che il
partito comunista dalla storia nazionale forse più autonoma
di ogni altro, il Pci, modifica, nel suo statuto, il
riferimento al marxismo-leninismo solo nel 1979>.
Siccome riteniamo l'(in)Fausto una persona estremamente
intelligente, ci rifiutiamo di credere che egli non conosca
le vicissitudini di quello che fu il suo partito soltanto
dagli anni 80 fino al 1994 - quando fu chiamato dal
filosovietico Armando Cossutta ad iscriversi a
Rifondazione, lasciando l'allora Pds, per diventarne
segretario - essendo egli, in precedenza, prima nel Psiup e
poi nel Psi.
Il Pci abbandonò il marxismo-leninismo molto prima di
quando asserisce l'ex segretario rifondarolo: prese la
strada del revisionismo già nel 1944, con la svolta di
Salerno attuata da Palmiro Togliatti, il quale poi la
accentuò dopo la morte del compagno Stalin e l'elezione a
segretario generale del PC(b)US di Nikita Krusciov
abbracciando le teorie, oggettivamente in assoluto
contrasto con quelle marxiste-leniniste, di quest'ultimo.
Siamo certi del fatto c he, una persona colta come l'(in)
Fausto, abbia letto gli scritti del compagno Mao Tse-
tung "Sulle divergenze tra il compagno Togliatti e
noi"
e "Ancora sulle divergenze tra il compagno Togliatti e
noi"
da cui si evince chiaramente lo scivolamento del Pci verso
il revisionismo.
Alla luce di tutto questo, sarebbe il caso che l'uomo
perennemente vestito di cachemire tacesse, invece di
parlare e scrivere di marxismo-leninismo: non è certamente
lui il soggetto più accreditato per poterlo fare.
Torino, 13 novembre 2008