REPORTAGE
Il richiamo della terra e della comunità Quest'estate vado
in un kibbutz Ogni anno arrivano diecimila giovani per un ideale che non c'è
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La Stampa
12 luglio 2007
PACI FRANCESCA
Che cosa unisce il leader della destra sociale
Gianni Alemanno a Toni Negri, "cattivo maestro" dell'Autonomia operaia, filosofo
marxista, intellettuale radical e provocatorio apprezzato in Francia e negli
Stati Uniti? La storia li divide ma li accomuna la passione trasversale per i
kibbutzim, le cooperative agricole autogestite che hanno tenuto a battesimo lo
Stato d'Israele e oggi rappresentano il tre per cento della popolazione. L'ex
ministro dell'agricoltura di Alleanza Nazionale se n'è invaghito due anni fa
durante una visita ufficiale in Terra Santa ("la ricerca
dell'identità , il rapporto con il territorio e il rispetto delle origini
erano già patrimonio dei movimenti di destra degli anni Settanta"):
a ottobre tornerà con una decina dei suoi ragazzi per uno scambio
culturale promosso dalla fondazione Nuova Italia.
Per l'autore di "Empire" invece, si
tratta di un vecchio amore: "Sono diventato comunista in Israele nel
kibbutz Nahshonim, vicino Petah Tikva", ha raccontato Toni Negri la settimana scorsa, ospite dell'Istituto Spinoza di
Gerusalemme. Al tempo aveva vent'anni, studiava "Il Capitale", la
rivoluzione era la cifra del mondo: molte cose sono cambiate da allora ma non
il piacere di trascorrere una settimana in kibbutz. Mentre la gauche
israeliana, dall'ex presidente del parlamento Avrahm Burg al fondatore di
"Peace Now" Dror Etkes, celebra il requiem del sionismo socialista
del secolo scorso, le ali estreme della politica italiana scoprono o riscoprono
l'esperienza pionieristica e comunitaria dei padri fondatori d'Israele. Nessuno
dei duecentosettanta kibbutzim disseminati nel Paese è più"l'impresa
sociale basata sull'economia redistributiva" dell'ideale collettivista che
lo animava ieri. La proprietà privata è un tabù ormai superato: l'ultima
a capitolare in ordine di tempo è stata la cooperativa di Hà on, sul lago
di Tiberiade, venduta un paio di giorni fa a un esterno per essere trasformata
in un residence. Eppure, ogni anno, soprattutto d'estate, dai sei ai diecimila
giovani italiani, europei, americani, australiani, sognatori oppure no, vengono
a lavorare in kibbutz per qualche mese. Ci sono anche "volontari" più
maturi, che di solito si fermano un po’ meno. La tensione della Seconda
Intifada aveva ridotto notevolmente la richiesta, ma dal 2005 il flusso è
ripreso a pieno ritmo e le prenotazioni superano di gran lunga la
disponibilità . Che cosa trovano gli stranieri nel kibbutz che non seduce
più come un tempo gli israeliani? L'esperienza della vita in comune non basta a
spiegare una lista di ospiti che comprende migliaia di diciottenni adrenalinici,
politici di destra e di sinistra orfani d'ideali, ma anche attrici note come
Debra Winger e Sigourney Weaver, il cantante Simon Le Bon dei Duran Duran, il
comico americano Jerry Seinfeld. Nei kibbutzim di oggi c'è di tutto. Vacanze
alternative da otto ore di lavoro al giorno in serra, relax in piscina,
sofisticati centri di bellezza, seminari d'utopia. Con 700 schekel, circa 130
euro, si vive una settimana in bed & breakfast a Ha Nasi nel Golan, le
alture siriane occupate da Israele dopo la guerra del '67: passeggiate tra
boschi e antiche rovine, degustazioni di vino Yarden e la vertigine di
esplorare una terra che già domani potrebbe essere altra, ridefinita da
confini diversi, moneta di scambio per la pace con Damasco. Sempre a nord,
nella Galilea occidentale, a pochi chilometri dalla frontiera libanese, c'è la
comunità agricola di Mitzpe Hilla, dove Noam Shalil e la moglie
gestiscono un piccolo agriturismo in attesa che Hamas rilasci il figlio, il
soldato Gilad, rapito a Gaza oltre un anno fa. A Mizra invece, una
comunità di duecento famiglie tra Nazareth e Afula, una delle prime
insediate negli anni Venti, s'incontra una delle mille contraddizioni
d'Israele: accanto ai vialetti da campus americano, le biciclette, la spa, la
mensa a base dei prodotti coltivati in loco, c'è un'enorme fattoria di maiali e
un supermercato specializzato in salami suini, bacon, costarelle e bistecche
non kosher, per un totale di 150 tonnellate di carne al mese. Una sfida alla
volontà rabbinica? Tutt'altro. Nel pieno rispetto delle regole
gastronomiche della Torah il kibbutz Mizra alleva i maiali su una piattaforma
di legno in modo che non tocchino il suolo ebraico e non violino la legge
nazionale. Lavorativa o rilassante che sia, il boom della vacanza in kibbutz
risponde più al desiderio di una parentesi di nostalgia che a un trend
modaiolo. Per gli stranieri che arrivano - Gianni Alemanno, Tony Negri,
uno studente idealista e spiantato o Debra Winger - come per gli israeliani che
li ospitano, fingendo d'essere i pionieri di un secolo fa, lontani dai muri e
dai conflitti permanenti. C'è un sito internet in inglese ( www.kibbutzreloaded
[http://www.kibbutzreloaded].com) dove chi si è incontrato là, nella
comunità agricola, può ritrovarsi a distanza. Perché tutti in kibbutz condividono
l'esperienza e si chiamano per nome quasi che la semplicità fosse
naturale. Poi, al termine del soggiorno, una settimana o due anni, svaniscono
nella memoria, come qualcosa perduto molto tempo prima.