IL NOSTRO COMMENTO ALLE POSIZIONI
DELL’OCI A PROPOSITO DELL’AUTORGANIZZAZIONE OPERAIA E DELLA NATURA DEL PROCESSO
RIVOLUZIONARIO (16 aprile 2009)
LA NOSTRA CONCEZIONE MAOISTA DELLA
NATURA DEL PROCESSO RIVOLUZIONARIO LO
IDENTIFICA E QUALIFICA QUALE PROCESSO CLASSISTA, AUTORGANIZZATO E “DAL
BASSO”. QUALE E’ LA POSIZIONE A MARGHERA DA PARTE DELL’OCI SIN DAL 20 DICEMBRE
2006 (POSIZIONE SULLA VERTENZA LABOR DI TESSERA) ESPRESSA A DISCRIMINE E
DISPREGIO DELL’ONOREVOLISSIMO LAVORO DI COSTRUZIONE DELL’AUTORGANIZZAZIONE OPERAIA PRATICATO DA SLAI COBAS PER IL
SINDACATO DI CLASSE ? LA POSIZIONE E’ CHE E’ TATTICAMENTE NECESSARIO LAVORARE
DENTRO LA CGIL PERCHE’ NON VI SONO RAPPORTI DI FORZA
FAVOREVOLI A COSTRUIRE UNA FORZA OPERAIA
AUTORGANIZZATA.
MAO TSE-TUNG INSEGNA CHE LE COSE SI
COSTRUISCONO COSTRUENDOLE, SENZA PRENDERE PAURA PER LE DIFFICOLTA’ INIZIALMENTE
POSTE ANCHE IN QUESTO CONTESTO, IN MANIERA
SPREGEVOLMENTE BESTIALE, SELETTIVAMENTE CALIBRATA A LIVELLO DI REGIME E
PROLUNGATA NEL TEMPO, CONTRO I PRIMI PASSI DELL’AUTORGANIZZAZIONE OPERAIA DEI
COBAS.
CERTO L’OCI POTRA’ CONTINUARE PER ALTRI
3 SECOLI A SCRIVERE LE STESSE COSE, COME BORDIGA A RIFIUTARSI DI PARTECIPARE
ALLA GUERRA DI RESISTENZA ANTIFASCISTA PERCHE’
(PARZIALMENTE SECONDO NOI) DIRETTA DALLA BORGHESIA (ANCHE GRAZIE ALLA SUA
LATITANZA IN MATERIA), MA COMUNQUE L’OCI NON DIRIGE LE LOTTE OPERAIE, DEVE STARNE ALLA CODA.
E QUINDI COSA DEVE FARE ?
RICADE IN
UNA TEORIA SOSTANZIALMENTE BORGHESE DI SUBALTERNITA’ ALLA FORZA BESTIALE DEGLI
ABUSI PADRONALI.
QUESTA E’ ESSENZIALMENTE LA POSIZIONE
MAOISTA NEL MERITO DELLE PAROLE DELL’OCI.
CHE POI SIAMO TUTTI SOLIDALI CON GLI
OPERAI, OSSIA CON NOI STESSI, IN “Fincantieri,
da Castellammare a Monfalcone, da Marghera a Sestri Levante”, E CHE SIAMO TUTTI CHIARAMENTE
EDOTTI DAL SIGNIFICATO INDELEBILE ED INDEGNO DELLE POLITICHE DI DISMISSIONE
ATTUATE DAI CAPITALISTI E DA SINDACALISTI VENDUTI (ANCHE A VOLTE IN CGIL) IN
“Montefibre, Syndial, Solvay, Sirma, Galileo, Dow Chemical, Arkema, Transped, Spm, Ineos ed altri mille e mille casi del genere in Italia” E’
CHIARO. MA PERCHE’ ALLORA L’OCI INSISTE A STARE DENTRO
CGIL ?
COLLETTIVO COMUNISTA
MAOISTA
IL COMUNICATO DELL’O.C.I.
(“ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA”)
“con
gli operai della Fincantieri e del Petrolchimico in
lotta
Per
respingere l’attacco dei padroni, per non pagare noi la crisi, mettiamo in
campo la nostra forza unita, organizzata e determinata!
Lavoratori,
ieri 2 aprile è stata una giornata di forte protesta operaia
in tutti gli stabilimenti Fincantieri, da
Castellammare a Monfalcone, da Marghera a Sestri Levante, una giornata in cui si sono
stretti finalmente gli uni agli altri in una sola massa compatta operai italiani
e operai immigrati di tutte le nazionalità.
La protesta
operaia è esplosa contro l’accordo
capestro che la direzione della Fincantieri ha
fatto firmare l’altro ieri alle dirigenze di Cisl,
Uil e Ugl, sempre pronte a
strisciare ai piedi dei padroni.
Questo accordo
rappresenta la più spudorata delle provocazioni contro i lavoratori.
Non contenta di
avere lucrato nell’ultimo decennio dei profitti record (10 milioni di euro di utili distribuiti agli azionisti nel 2008), non
contenta di avere creato nei propri cantieri una vera e propria giungla di
appalti e sub-appalti con condizioni di lavoro schiavistiche; ora la Fincantieri con questo accordo:
•riduce il salario dei
propri operai di oltre 1.000 euro l’anno, abolendo di
fatto il premio di produzione collettivo attuale;
•impone un aumento della
produttività del 20%;
•subordina quote sempre più
ampie del salario operaio al raggiungimento di
obiettivi di produttività irraggiungibili;
•crea un solco tra gli
operai diretti (che potrebbero ottenere il “premio”, se…) e gli
indiretti;
•mette sotto ricatto
capisquadra e capireparto, legando strettamente i loro aumenti agli obiettivi di
produttività, per farne veri e propri aguzzini del lavoro
operaio;
•ottiene ancor più mano
libera negli appalti e sub-appalti, già oggi regno del supersfruttamento al nero
e dei più abominevoli soprusi ai danni di lavoratori immigrati dall’estero e dal
Sud.
La direzione,
infine, non riconosce ai lavoratori alcuna garanzia sul livello occupazionale
nei cantieri. Nel contempo si prepara a tagliare drasticamente l’attività
sindacale negli stabilimenti; d’ora in poi l’unico sindacalismo ammesso sarà
quello che è pronto a dire sempre e comunque
“signorsì”.
Questo stesso
accordo –è inutile dire- prevede bonus di decine di migliaia di euro per la dirigenza intermedia (18.000 euro in più
l’anno), per non parlare degli astronomici guadagni intascati dai massimi
manager in attività o in via di pensionamento.
Gli operai
della Fincantieri e degli appalti, inclusi la gran parte degli aderenti alla
Fim e alla Uilm, hanno respinto ieri, infuriati, questo
provocatorio diktat padronale.
Naturalmente,
la dirigenza e i sindacalisti firmatari chiamano in causa la crisi, una
crisi prodotta –è sotto gli occhi di tutti,
ormai- dai banchieri, dai finanzieri, dai capitalisti, dai folli meccanismi del
mercato e del profitto, e dai governi che hanno assecondato le banche e le
imprese. Devono pagarla loro! Non può e
non deve pagarla la classe lavoratrice, che già sta pagando sulla propria pelle
le conseguenze delle politiche neo-liberiste e delle ristrutturazioni
aziendali!
E’ ora di dire
basta al continuo peggioramento della condizione operaia, basta ai ricatti
padronali, basta ai licenziamenti, basta anche alla cassa integrazione . E’ quanto hanno
affermato con forza ieri anche gli operai del petrolchimico e
dell’indotto in un’assemblea e in una protesta finalmente più partecipate e
determinate del solito. “I dirigenti e i manager, come squali hanno divorato i
capitali, e ora pretendono di andarsene lasciando noi sulla strada e loro con le
borse piene di soldi mentre le nostre, che tanto abbiamo lavorato per il loro
successo, sono sempre più vuote”.
Queste parole di un operaio
centrano in pieno la questione di fondo: i destini e gli interessi dei manager
e delle imprese e quelli dei lavoratori sono divergenti e contrapposti!
Ora che la
corsa sfrenata ai profitti ha prodotto una crisi globale di portata storica, il conto viene presentato ai
lavoratori che hanno la sola “colpa” di avere troppo creduto alla favola del
“siamo tutti sulla stessa barca”.
Montefibre, Syndial, Solvay, Sirma, Galileo,
Dow Chemical, Arkema, Transped, Spm, Ineos ed altri mille e mille
casi del genere in Italia e all’estero mostrano una verità molto semplice: per
le imprese i lavoratori sono semplice merce da acquistare quando
serve, al minimo costo, da spremere al massimo e poi da gettare nel sacco dei
rifiuti. Se vogliamo sfuggire a questa sorte non c’è
che una sola via da percorrere: la lotta organizzata, determinata contro i
padroni e il governo che li sostiene e li difende.
Ha detto benissimo ieri un
operaio al petrolchimico: “Se non
facciamo qualcosa di forte, tutti uniti, resteremo senza lavoro per mantenere le
nostre famiglie”.
E’ così. Non
saranno le preghiere, non saranno gli appelli alla ragionevolezza, non saranno i
tavoli di trattativa istituzionali, dove si spacciano cumuli di menzogne; sarà
solo e soltanto la forza che il
movimento dei lavoratori riuscirà a mettere in campo su una linea di difesa
coerente, intransigente, degli interessi operai, a sbarrare la strada ai
licenziamenti, alla devastante precarietà, all’incremento pazzesco dell’inten
sità del lavoro.
Questa svolta alla situazione non potrà darla
la direzione della Cgil perché anch’essa ha accettato
da tempo la supremazia degli interessi aziendali e
capitalistici su quelli operai. E se è vero che non ha apposto
la propria firma ad accordi vergognosi firmati da Cisl
e Uil, è altrettanto vero che non ha dato alcuna
continuità, alcuna vera prospettiva alternativa alla classe lavoratrice.
La stessa iniziativa del 4 aprile, la cui riuscita di partecipazione è
importante, suona, però, più come un appello al governo perché ascolti anche la
voce della Cgil che come l’inizio di una vera lotta contro il governo Berlusconi, che è il vero comitato politico di affari delle imprese.
Solo la ripresa dell’iniziativa diretta e unitaria della massa dei lavoratori di
tutte le categorie e di tutte le nazionalità potrà dare
una svolta a questa situazione!
Riprendiamo l'auto-organizzazione della lotta! Formiamo
organismi di lotta aperti ai lavoratori italiani e immigrati, di tutte le
tendenze sindacali e senza tessere!
Affermiamo, senza se e senza ma, gli irrinunciabili bisogni e diritti della
nostra classe che produce la ricchezza sociale contro la classe degli
sfruttatori e dei parassiti!
In Grecia, in
Francia, in Inghilterra, in Cina ci si comincia già a muovere su questa
strada…”
E RIDAGLIELA: IN
PERU’ INDIA, TURCHIA, KURDISTAN, FILIPPINE, NEPAL, IL
MAOISMO SI E’ GIA’ AFFERMATO E SI AFFERMA OGNI
GIORNO.
E IL BORDIGHISMO
DOVE SI E’ AFFERMATO ? CE LO CHIEDIAMO SERIAMENTE !!!